Marina di
Pietrasanta, 20 gennaio 2004
Non ho ancora
metabolizzato la scomparsa di Anselmo. D’altra parte devo ammettere che anche per
Vittorio Tonetti, scomparso ormai da diversi anni, è successa la stessa cosa.
Mi aspetto sempre di vederlo comparire al raduno delle prove, con le faccia
assonnata o infreddolito dall’aria pungente. Adesso si è aggiunto anche
Anselmo, ed il ricordo si somma e si sovrappone a quello dei cani che vedo
ancora presenti e che non riesco a separare dalla persona.
Anselmo, impossibile
non accorgersi della sua presenza. Già la voce possente, usata sopratono anche
a causa di una cattiva comprensione uditiva, lo evidenziava immediatamente, e
poi il suo modo di essere presente, i racconti della gioventù e delle
difficoltà che avevano accompagnato l’infanzia e l’adolescenza sempre però
inframmezzati da scenette e scherzi goliardici che gli piaceva rivivere raccontando
e che la dicevano lunga sul rimpianto di un mondo vero ormai scomparso, che
nonostante tutto ricordava con nostalgia.
Alle prove di Renacci
nell’ottobre del 1988 ho conosciuto Anselmo che presentava due springer.
Nell’attesa dei turni avemmo modo di parlare, volle sapere di me e di mia
moglie e poi mi raccontò di come si era appassionato alla razza: di esserne
stato uno dei primi estimatori; di aver frequentato sempre le prove anche se
non assiduamente; di aver avuto dei buoni cani, ma più grandi cani da caccia,
dei quali asseriva con convinzione non avessero rivali nel suo ambiente, la
palude, che cani da prove. Era un po’ il suo cruccio non essere riuscito ad
avere un grande springer da prove. Infatti solo saltuariamente si vedeva alle
competizioni. Ogni tanto provava a crescere qualche cucciolo ed otteneva anche
dei buoni risultati, ma non era quello che ricercava. L’età incominciava a
farsi sentire e la voglia di avere il “cane giusto” lo spingeva più a cercare
un cane dove si vedessero già le potenzialità del campione che a crescere dei
cuccioli. Fu così che saputo che Janus Cilloni aveva un soggetto con quelle
caratteristiche e sapendomi a lui vicino, mi pregò di perorare la sua causa.
Per Janus non era un
momento dei migliori anche in termini di partecipazione alle prove e poi aveva
avuto modo di conoscere Anselmo e di stimarlo come persona quindi, anche se a
malincuore, non seppe resistere alle richieste mie e sue e gli cedette Gaucho.
Era il 1994. Anche a posteriori devo riconoscere che Anselmo meritava quel
cane. Con lui ritrovò lo stimolo per le prove e per la razza che propagandava
in ogni occasione. Non c’era appassionato dei cani da cerca, ma anche di altri
cani, che non avesse sentito parlare del Gaucho. Tanta era la passione che
metteva nel raccontare le imprese del cane, mimando le scene di caccia, la
potenza nell’affrontare gli ostacoli, i riporti ed i recuperi nei canali della
sua Fucecchio, che chi ascoltava, non conoscendolo, a volte si guardava intorno
in cerca di conferme. Questo suo modo di propagandare il cane, ma in fondo la
razza, e la disponibilità a farlo vedere all’opera, prima lui e poi i suoi
figli, Drago, Arluk, Raf, ha contribuito non poco alla diffusione del cane da
cerca nella sua zona di residenza ed anche nelle province vicine. Per questi
cani era sempre disponibile, sia per concedere una monta che per partecipare
anche a manifestazioni minori, sia a giudicare le attitudinali. E che orgoglio
traspariva dalle sue parole e dalla sua faccia quando un figlio dei suoi cani
faceva bene in prova o a caccia.
Per me Anselmo rimane
così, indissolubilmente legato ai suoi cani. Non credo che lo ricorderò con
tristezza. Per sua stessa ammissione ha vissuto la vita come voleva, e da
irriverente qual’era verso se stesso e verso il potere costituito, a metà fra
il serio e lo scanzonato, diceva e sognava di morire così come è morto: a
caccia con i suoi cani.
E’ riuscito anche in
questo e non è cosa da poco.
Con noi, sono certo, rimarrà la
sua presenza, e sicuramente in qualche occasione d’incontro fra amici ci
chiederemo, magari solo mentalmente: Anselmo è arrivato?